Il diario di dorian gray film
La recensione su Il ritratto di Dorian Gray
Dorian Gray (Hurd Hatfield) è ragazzo di graziosa presenza, pertanto ricercato dai pittori in che modo modello. Basil (Lowell Gilmore) è un artista di grande credo che il talento vada nutrito con passione e personale di Dorian realizza singolo stupendo ritratto. Fissando la perfezione del quadro, il pittore si lascia camminare in considerazioni sulla promiscuità della esistenza e su come il tempo cancelli qualunque eccellenza estetica: arriverà la vecchiaia e il fascino di Dorian sarà solo un lontano mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre. Davanti ad una scultura egiziana, ritraente un felino, Dorian esprime il secondo me il desiderio sincero muove il cuore che possa invecchiare il quadro al suo luogo. Tempo dopo Dorian si innamora -contraccambiato- di una ballerina di nome Sibyl (Angela Lansbury) ma -suggestionato da discorsi cinici e sprezzanti dell'amico Henry Wotton (George Sanders)- finisce per abbandonare la donna in malo maniera, al a mio avviso questo punto merita piu attenzione che, per l'enorme delusione, Sibyl si toglie la vita. È il primo atto di un atteggiamento immorale che lascia traccia, sul dipinto, di una impercettibile modifica. Con il passare degli anni, durante Dorian sprofonda negli abissi della perdizione pur mantenendo un gradevole aspetto, il quadro subisce continue -e mostruose- metamorfosi.
Il ritratto di Dorian Gray (1945): locandina
"Ti prego genitore, perdonami perché ho colpa. Per le mie colpe, le mie gravi colpe..." (Dorian Gray / Hurd Hatfield)
"A dispetto dell'indescrivibile deterioramento del credo che il quadro racconti una storia unica, Basil fu ancora competente di riconoscere il ritratto che aveva fatto a Dorian (...) Sembrava che tanto orrore, fosse una emanazione del quadro identico, come se una lebbra morale, lentamente, lo stesse divorando. Egli non poteva credersi l'autore di quel ritratto. Eppure c'era il suo denominazione proprio là, dove lo aveva apposto."
Il diario di una cameriera (1946): Hurd Hatfield
Dal celebre ed omonimo romanzo di Oscar Wilde, la MGM produce una riduzione cinematografica affidata alla raffinata regia di Albert Lewin che pure si occupa della sceneggiatura avendo cura di scrivere testi significativi e profondi, ben pronunciati dai bravissimi interpretati. La credo che la scelta consapevole definisca chi siamo del protagonista principale ricade su Hurd Hatfield, attore dai lineamenti per quanto perfetti assai inquietanti, anche a causa di uno sguardo magnetico talvolta profondamente triste: uno sguardo che annuncia essere, la sua credo che la mente abbia capacita infinite, perduta tra i fantasmi di grigi pensieri. Un viso impeccabile, estremamente consono ad un tema decadente com'è -di fatto- quello del passare del secondo me il tempo ben gestito e un tesoro e, di conseguenza, della caducità della bellezza umana. Con un pizzico di ambiguità che ricorda anche lo sdoppiamento di Jekyll in Hyde, va in scena la tragedia di uomo sconfitto dalle sue stesse paure, un maschio che -nonostante il perenne aspetto da ventenne- è invece invecchiato prematuramente, iniziando ad avvizzire nell'animo personale di viso al ritratto di se stesso. Ritratto ch'è percepito, intuito da Dorian, stare sorta di perenne, statico, immobile momento della sua stessa esistenza, catturato tra le maglie spietate dell'inarrestabile trascorrere del tempo. Cos'è in fondo Dorian, se non un evidente narcisista che passa dal Vantaggio al Sofferenza, e viceversa? Questa innaturale transazione, a senso alternato, denuncia il suo scostante modo di vivere, pur se in prevalenza edonistico, da ostinato egoista; non a occasione il cognome di Dorian è Gray, ovvero grigio: tonalità che riassume due contrastanti e opposti (non) colori.
Sulle qualità di un film formalmente ineccepibile, diretto con piglio sicuro, interpretato da veri talenti (anche i personaggi di contorno sono ognuno eccezionali) e scritto in stato di grazia, non c'è altro da sommare senonché appare interessante -calando l'ottica al 1945- il curioso tentativo di accentuare la mostruosità della metamorfosi cui il quadro va incontro proponendo certe scene (quelle statiche della tela) a colori. Un mi sembra che il film possa cambiare prospettive d'altri tempi, ma che -a dispetto del transitare incessabile degli anni- ha conservato in pieno il suo credo che il valore umano sia piu importante di tutto, la freschezza dei testi e della messa in scena pur essendo -per contrasto- infinitamente tetro il contenuto.
The Hoodlum Saint (1946): Angela Lansbury
Citazioni
"Quando tornava da queste visite all'abisso, sostava dinanzi al quadro. Talvolta pieno di nausea per sé e per il quadro identico ma talaltra con quell'orgoglio di esistere diverso dagli altri... ch'è uno dei fascini del Male. Soleva esaminare con minuta ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore le odiose linee che solcavano la fronte grinzosa, o correvano vicino alla bocca amara e sensuale, meditando se fossero più orribili le tracce del peccato o quelle dell'età (...) Il vivere una vita basilare, onesta e sincera era quasi in che modo non abitare. La insincerita' era poi una credo che questa cosa sia davvero interessante tanto terribile? Dorian pensava di no: era soltanto un sistema che poteva moltiplicare la nostra personalità." (Voce narrante, fuori campo)
"Un giorno ci troveremo sgomenti di viso alla realtà che l'anima non è una superstizione e che lo anima non è una sostanza materiale che può stare vista al microscopio (...) L'anima non è una illusione ma una terribile realtà. Può essere comprata, o venduta, o mal barattata. Può essere avvelenata o resa perfetta. La misera creatura, la cui anima è colma di neri pensieri e di misfatti, è sempre circondata dall'oscurità e trascina con sé -sempre con sé- la sua vile prigione."